Ricorso per la Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  (codice
fiscale n. 80188230587), in  persona  del  Presidente  del  Consiglio
attualmente in carica, rappresentata e difesa  per  mandato  ex  lege
dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale n. 80224030587),
presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei  Portoghesi  n.  12
(fax   0696514000    -    Pec    ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it);
Ricorrente; 
    Contro Regione Calabria, in persona del Presidente  della  Giunta
regionale attualmente in carica; Resistente; 
    Per l'impugnazione  e  la  dichiarazione  di  incostituzionalita'
degli articoli 1, comma 4, 2, comma 1, lettera c),  7,  comma  5,  9,
comma 10, commi 1 e 2, 14, comma 1, 18, comma 6,  22,  comma  1,  23,
commi da 1 a 6, 26, 27, 28, 29 e 30 della legge regionale  18  giugno
2018, n. 22, avente ad oggetto «Disposizioni in materia  funeraria  e
di polizia mortuaria», pubblicata nel BUR n. 66 del 28 giugno 2018. 
    Il Consiglio regionale della Calabria ha approvato il  26  giugno
2018 la legge n. 22, recante «Disposizioni in materia funeraria e  di
polizia mortuaria». 
    In 34 articoli,  suddivisi  in  sei  titoli,  viene  dettata  una
disciplina di ampia portata delle attivita' funebri, cimiteriali e di
cremazione,  anche  per  animali,   contenente   principi   generali,
definizioni e qualificazioni, che in quanto tale investe  aspetti  di
esclusiva competenza del legislatore statale. Non  a  caso  la  legge
regionale ricalca quasi integralmente il disegno di legge Atto Senato
n. 2492 presentato nella scorsa legislatura, nello spirito del  quale
alle   regioni   sarebbero   dovuti   spettare   solo   compiti    di
programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo. 
    Ad avviso della Presidenza del Consiglio, questa normativa  viola
la competenza legislativa esclusiva  dello  Stato,  e  deve  pertanto
essere impugnata per i seguenti Motivi 
1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  4,  della  legge
regionale n. 22/2018 per violazione dell'art. 117, comma  2,  lettera
l), della Costituzione in relazione all'art. 824 del codice civile. 
    La norma qui denunciata prevede che «La costruzione e la gestione
dei cimiteri sono considerate attivita' di rilevanza pubblica e  come
tali da assoggettare al regime demaniale  di  cui  all'art.  824  del
codice civile. I  cimiteri  sono  assoggettati  al  regime  dei  beni
demaniali e costituiscono  memoria  storica  della  collettivita'  di
riferimento anche al  fine  di  assolvere  alla  loro  funzione,  nei
riguardi delle comunita' locali, secondo i diversi usi funerari». 
    Essa, nel prevedere  l'assoggettamento  dei  cimiteri  al  regime
demaniale, si sovrappone indebitamente, pur ripetendone fedelmente il
contenuto, alla previsione contenuta nell'art.  824,  secondo  comma,
del codice  civile,  che  gia'  assoggetta i  cimiteri  e  i  mercati
comunali al regime del demanio pubblico. Essa  invade,  pertanto,  la
materia dell'ordinamento civile, e viola l'art. 117,  secondo  comma,
lettera l), della Costituzione.  Come  infatti  piu'  volte  ribadito
dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, laddove  esiste  una
competenza esclusiva dello Stato, alle  regioni  e'  inibito  dettare
disposizioni  legislative  proprie,   anche   se   di   mera   natura
riproduttiva (Corte costituzionale n. 121/2017; Corte  costituzionale
n. 18/2013; Corte costituzionale n. 29/2006). 
    La  norma  qui  denunciata  pertanto   deve   essere   dichiarata
costituzionalmente illegittima. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lettera c),  e
dell'art. 23, commi da 1 a 6, della legge regionale  n.  22/2018  per
violazione dell'art. 117, comma 3, della  Costituzione  in  relazione
alle norme del decreto del Presidente della Repubblica n. 285/1880. 
    L'art. 2, comma l, lettera c), della legge regionale menziona  la
tumulazione aerata  quale  evento  da  cui  decorre  il  termine  per
definire  il  «resto  mortale»,  e  l'art.  23  della  stessa  legge,
rubricato «Tumulazione aerata e  caratteristiche  dei  feretri»,  nei
commi da l a 6, detta disposizioni in merito ai loculi aerati. 
    La tumulazione aerata non e'  prevista  dalla  normativa  statale
attualmente vigente  (decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
285/1990  recante  l'«Approvazione   del   regolamento   di   polizia
mortuaria»), e non puo' costituire innovazione di matrice regionale. 
    Gli articoli 76 e 77 del decreto del Presidente della  Repubblica
n.  285/1990  dettano  infatti  con  chiaro  carattere  esaustivo  le
modalita' da seguirsi per la tumulazione. 
    Secondo l'art. 76 del decreto del Presidente della Repubblica  n.
285/1990  le  pareti  dei  loculi  devono  avere  caratteristiche  di
impermeabilita' ai liquidi e ai  gas  e  la  relativa  chiusura  deve
essere ermetica; la norma regionale  in  questione  invece  deroga  a
questa prescrizione, permettendo  la  trasformazione  dei  loculi  da
stagni in aerati. 
    Sempre secondo la norma statale, la cassa  mortuaria  deve  avere
determinate caratteristiche costruttive (doppia struttura in legno  e
metallo), mentre secondo la norma regionale qui censurata - il  comma
3 dell'art. 23 - la cassa metallica e' addirittura vietata in caso di
tumulazione aerata. 
    Il  comma  4  dell'art.  23  della  legge  regionale  prevede  la
possibilita' di adozione di soluzioni tecniche per il trattamento dei
liquidi e dei gas da putrefazione, mentre la legge statale demanda al
Ministro della salute, sentito  il  Consiglio  superiore  di  sanita'
l'autorizzazione di modalita' alternative per il trattamento di  tali
trasformazioni chimiche. 
    Si tratta di norme, quelle statali, che evidentemente trattano la
materia sanitaria, rispetto alla quale  non  possono  essere  ammesse
modalita' - magari anche migliorative - diverse da  quelle  stabilite
in  via  di  principio  dal  legislatore  statale  con   regole   che
costituiscono, in tema di tutela della salute, un limite invalicabile
di uniformita' nazionale alla potesta' legislativa regionale. 
    Per tali ragioni, le  norme  denunciate  nella  presente  rubrica
devono essere dichiarate costituzionalmente illegittime. 
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 5,  dell'art.  9,
comma 1, e dell'art. 10, comma 2, della legge  regionale  n.  22/2018
per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione. 
    L'art. 7, comma 5, della  legge  regionale  qui  denunciata,  nel
disciplinare l'attivita' funebre, vieta l'intermediazione  in  questo
settore sia ai titolari delle imprese esercenti l'attivita'  funebre,
sia  al  relativo  personale  dipendente  o  ad  esse   collegato   o
riconducibile. 
    Questa disposizione restringe in maniera del tutto immotivata  la
concorrenza interferendo in una  materia  riservata  alla  competenza
legislativa esclusiva  dello  Stato.  Non  si  comprende  perche'  ai
soggetti operanti nel settore e legittimati  a  svolgere  l'attivita'
intermediata debba essere preclusa l'attivita' di intermediazione. 
    Ne' e' compatibile con i principi della competizione  commerciale
e imprenditoriale  la  fissazione  di  un  divieto  cosi'  pesante  a
destinatari   genericamente   individuati,    come    il    personale
«riconducibile». 
    Il successivo art. 9, nell'individuare i  requisiti  dell'impresa
funebre e dei soggetti a essa collegati, al comma 1, dispone  che  la
dichiarazione da allegare alla SCIA ai sensi dell'art.  7,  comma  2,
contiene l'autocertificazione, tra gli altri, dei seguenti requisiti: 
        «a) una sede idonea  e  adeguala  per  la  trattazione  degli
affari, comprendente un ufficio e una sala  di  esposizione  per  gli
articoli funebri, il tutto separato da  altre  attivita'  commerciali
non aventi attinenza con le attivita' funebri e  che  necessitano  di
partita IVA separata (....); 
        b) un responsabile abilitato alla transazione delle  pratiche
amministrative e  degli  affari,  stabilmente  assunto  con  regolare
rapporto di lavoro con  il  richiedente  l'autorizzazione,  che  puo'
coincidere con il titolare o legale rappresentante della stesa; 
        c) un operatore funebre,  abilitato  alla  trattazione  delle
pratiche amministrative, stabilmente assunto con  regolare  contratto
di  lavoro  con  il  richiedente  l'autorizzazione,  che  puo'  anche
coincidere con un titolare o con il socio o con  il  socio  familiare
prestatore d'opera che svolga  nell'impresa  attivita'  lavorativa  e
continuativa o assunto mediante contratto  di  lavoro  stipulato  nel
rispetto della vigente normativa sul lavoro  e  sulla  sicurezza  dei
lavoratori. 
    L'obbligo di un'assunzione stabile previsto dalle  lettere  b)  e
c), sopra riportate, e' gia' stato censurato  dall'Autorita'  garante
per la concorrenza e il mercato, che con parere AS1153 del 6 novembre
2014, ha ritenuto,  nel  pronunciarsi  sulla  legge  regionale  della
Campania n. 12/2001, recante «Codice delle attivita' e delle  imprese
funebri», come modificata dalla legge regionale 25 luglio 2013, n. 7,
che  l'imposizione  di  un  rapporto  di  lavoro   continuativo   del
lavoratore costituisce un vincolo organizzativo rigido,  suscettibile
di restringere indebitamente l'accesso al mercato. 
    L'art. 10, che indica  i  requisiti  del  personale  dell'impresa
funebre e dei soggetti ad essa collegati, al comma 2, dispone  che  a
decorrere dalla data  di  entrata  in  vigore  della  legge  i  corsi
obbligatori, abilitanti il personale alla professione,  sono  erogati
da soggetti accreditati direttamente dalla Regione. 
    Anche  questa  disposizione  e'  indebitamente  restrittiva   del
mercato, perche' limita il novero dei soggetti deputati a conferire i
titoli abilitanti all'esercizio  di  una  prestazione  lavorativa,  e
riserva alla sola Regione (perche' non anche allo Stato, o  ad  altre
regioni, o a soggetti che  professionalmente  svolgono  attivita'  di
accreditamento?) l'accreditamento degli enti istruttori. 
    Tali disposizioni regionali, anche alla luce  degli  orientamenti
Antitrust  sopra  descritti,  costituiscono  un'indebita  restrizione
dell'accesso al mercato di riferimento, in violazione  del  principio
di tutela  della  concorrenza  riservato  alla  potesta'  legislativa
esclusiva statale  ex  art.  117,  secondo  comma,  lett.  e),  della
Costituzione e devono  essere  quindi  dichiarate  costituzionalmente
illegittime. 
4) Illegittimita' costituzionale,  per  altro  verso,  dell'art.  10,
comma 1 della legge regionale n.  22/2018  per  violazione  dell'art.
117, comma 2, lettera l) della Costituzione. 
    L'art. 10, comma  1,  nel  definire  i  requisiti  del  personale
addetto all'impresa funebre, prevede che «il  personale  addetto  che
svolge attivita' funebre puo' essere assimilato alle categorie  degli
operatoti addobbatori o apparatori per cerimonie civili o  religiose,
indicate al numero 46 della  tabella  allegata  al  regio  decreto  6
dicembre l 923, n. 2657 [...] cosi' come richiamata dal  decreto  del
Ministero del lavoro  e  delle  politiche  sociali  23  ottobre  2004
(Individuazione,   in   via   provvisoriamente   sostitutiva,   della
contrattazione   collettiva   dei   casi   di   ricorso   al   lavoro
intermittente, ai sensi  dell'art.  40  del  decreto  legislativo  10
settembre 2003, n. 276), se,  nei  singoli  casi,  l'Ispettorato  del
lavoro riconosce il carattere discontinuo del lavoro,». 
    La materia, afferendo alla tipologia  dei  contratti  di  lavoro,
appartiene all'ordinamento civile ed  e'  di  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato. 
    Ai sensi dell'art. 13 del decreto legislativo 15 giugno 2015,  n.
81, il lavoro intermittente in ogni settore produttivo e' ammissibile
qualora il lavoratore abbia piu' di 55 o meno di  24  anni  di  eta',
oppure nelle ipotesi  individuate  dalla  contrattazione  collettiva,
oppure ancora nei casi individuati  con  decreto  del  Ministero  del
lavoro  e  delle  politiche  sociali  qualora  manchi  una  specifica
previsione di contrattazione collettiva. 
    E per l'appunto,  il  Ministero  del  lavoro  e  delle  politiche
sociali, nel periodo di vigenza del decreto legislativo n.  276/2003,
ha adottato il decreto ministeriale 23 ottobre 2004, che  ha  ammesso
la  stipulazione  di  contratti  di  lavoro  intermittente   per   lo
svolgimento  di  alcune  attivita',  specificamente  indicate   nella
tabella allegata al regio decreto 6  dicembre  1923,  n.  2657.  Tale
tabella, al punto 46, ricomprende, tra le occupazioni che  richiedono
un lavoro discontinuo,  gli  «Operai  addobbatori  o  apparatori  per
cerimonie civili o religiose»  ai  quali  lo  stesso  Ministero,  con
l'interpello n. 9/2014, ha equiparato  i  necrofori  e  i  portantini
impiegati  dalle  aziende  di  servizio   funebre   nelle   attivita'
preliminari ed esecutive  del  trasporto,  della  cerimonia  e  della
connessa sepoltura. 
    La  norma  qui  denunciata,  intervenendo  sulla  disciplina  del
rapporto di lavoro, invade la  materia  di  «ordinamento  civile»  di
competenza  esclusiva  dello  Stato,  in  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera l), della Costituzione. Nella fattispecie,  la
disciplina nazionale attribuisce alla contrattazione collettiva e  al
Ministero  del  lavoro  e  delle  politiche  sociali  il  compito  di
individuare  le  ipotesi  che  legittimano  il  ricorso   al   lavoro
intermittente, senza riconoscere alcuna competenza alla  legislazione
regionale. 
    E  soprattutto,  ammettendo  la  possibilita'  di  assimilare  il
«personale addetto che svolge attivita' funebre» a quello contemplato
nella tabella del 1923, non fa  che  ribadire  quanto  gia'  previsto
dalla legislazione statale vigente. 
    Ma come sopra gia' detto, nelle materie riservate alla competenza
legislativa esclusiva dello Stato non e'  ammessa  alcuna  produzione
normativa  regionale,  neppure  meramente  riproduttiva   di   quella
statale. 
5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1,  della  legge
regionale n. 22/2018 per violazione dell'art. 117, comma  2,  lettera
g) della Costituzione. 
    L'art. 14, comma 1, della legge regionale qui censurata affida ad
un  decreto  del  Ministero  della  salute   la   definizione   delle
caratteristiche che devono avere i cofani funebri in  relazione  alla
destinazione finale, e successivamente alla lettera e) fa riferimento
ad una autorizzazione del medesimo Ministero per l'individuazione dei
materiali  da  utilizzare  per  i  contenitori  destinati  ad  alcune
operazioni cimiteriali. 
    Il  legislatore  regionale  ha   evidentemente   ecceduto   nella
copiatura del disegno di legge della  scorsa  legislatura,  e  si  e'
vestito da legislatore statale attribuendo nuovi compiti ad organismi
dello Stato; tuttavia, cosi' facendo, ha violato l'art. 117,  secondo
comma, lettera g), della Costituzione che riserva  alla  legislazione
statale l'ordinamento e l'organizzazione amministrativa dello Stato e
degli enti pubblici nazionali. 
    La Corte costituzionale ha infatti in varie  occasioni  affermato
che le attribuzioni degli  organi  dello  Stato  non  possono  essere
disciplinate  unilateralmente  e  autoritativamente  dalle   regioni,
nemmeno nell'esercizio della loro potesta' legislativa; esse  debbono
trovare il fondamento o il loro presupposto in leggi statali  che  le
prevedono o le consentano, o in  accordi  tra  gli  enti  interessati
(Corte costituzionale n. 322/2006; Corte costituzionale n.  429/2004;
Corte costituzionale n. 134/2004). 
6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 1,  della  legge
regionale n. 22/2018 per violazione dell'art. 117, comma  2,  lettera
g) della Costituzione. 
    Analoga censura investe l'art. 22, comma 1, della legge regionale
qui  impugnata,  che   subordina   ad   autorizzazione   ministeriale
l'autorizzazione regionale alla sepoltura fuori cimitero. 
    Le autorizzazioni previste dal regolamento di  polizia  mortuaria
di cui al  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.  285/1990,
originariamente spettanti allo  Stato,  sono  state  trasferite  alle
regioni dal decreto del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  26
maggio  2000  (Tabella  A,  lettera  c)  in  attuazione  del  decreto
legislativo 31 marzo 1998 n. 112. 
    Cosi' disponendo la norma regionale  duplica  le  autorizzazioni,
ricreando in capo allo Stato un potere autorizzatorio che esso non ha
piu'. 
    Nell'attribuire allo Stato  una  competenza,  essa  quindi  viola
l'art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione che riserva
alla   legislazione   statale   l'ordinamento   e    l'organizzazione
amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali. 
    Quindi, per  le  stesse  ragioni  che  sorreggono  la  precedente
censura alla norma di cui all'art. 14, comma 1, della legge regionale
in discussione, l'art. 22 deve essere  dichiarato  costituzionalmente
illegittimo  perche'  pretende  di  disciplinare  unilateralmente  le
attribuzioni degli organi dello Stato. 
7) Illegittimita' costituzionale degli articoli 26, 27, 28, 30  della
legge regionale n. 22/2018 per violazione  dell'art.  117,  comma  2,
lettere l) e m) della Costituzione. 
    Le norme citate in epigrafe sono tutte illegittimamente  invasive
della potesta' legislativa dello Stato. 
    L'art. 26 detta i principi fondamentali in  tema  di  cremazione,
riconoscendo come le decisioni che la riguardano attengono ai livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civile  e  sociali
delle  persone;  l'art.  27  disciplina  i  modi  e  i  tempi   della
manifestazione di volonta' del defunto  e  della  sua  attuazione  da
parte  dei  soggetti  onerati  al  suo  rispetto;  l'art.  28  tratta
dell'affidamento, custodia e  dispersione  delle  ceneri;  l'art.  30
infine regola le modalita' della cremazione e  le  relative  garanzie
esecutive. 
    Le norme sopra evidenziate sono trattate in unica rubrica perche'
riferentesi tutte alla  medesima  materia,  e  perche'  unica  e'  la
censura di incostituzionalita' che ad esse si muove. 
    In  sostanza,  tutte  queste  norme  afferiscono  a  materie   di
competenza esclusiva statale, in quanto  (come  del  resto  dal  loro
testo letteralmente si conferma) attengono all'ordinamento  civile  e
alla  determinazione  dei  livelli   essenziali   delle   prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale. 
    La cornice normativa statale  di  riferimento  e'  costituita  da
varie norme, cosi stratificatesi nel tempo: 
        a) regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265,  «Approvazione  del
testo unico delle leggi sanitarie.».  L'art.  343  di  detto  decreto
prevede  che  «La  cremazione  dei  cadaveri  e'  fatta  in  crematoi
autorizzati dal prefetto, sentito il  medico  provinciale.  I  comuni
debbono concedere gratuitamente l'area necessaria nei cimiteri per la
costruzione dei crematoi. Le  urne  cinerarie  contenenti  i  residui
della completa cremazione possono essere collocate nei cimiteri o  in
cappelle o templi appartenenti a enti morali o in  colombari  privati
che abbiano  destinazione  stabile  e  siano  garantiti  contro  ogni
profanazione. 
        b) gli artt. 5 e 587 e segg. del codice civile,  riguardanti,
rispettivamente, le disposizioni concernenti gli atti di disposizione
del proprio corpo e il testamento; 
        c) il decreto del Presidente della  Repubblica  10  settembre
1990, n. 285, «Approvazione del regolamento di polizia mortuaria»,  i
cui articoli da 78 a 81, disciplinano la cremazione; 
      d) la legge 30 marzo 2001, n.  130,  recante  «Disposizioni  in
materia di cremazione e dispersione delle ceneri.». L'art. 3 di  tale
legge, che apporta modifiche al  regolamento  di  polizia  mortuaria,
approvato con decreto del Presidente della  Repubblica  10  settembre
1990, n. 285, che prevede: 
          «1. Entro sei mesi dalla data di entrata  in  vigore  della
presente legge, con regolamento adottato ai sensi dell'art. 17, comma
1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su
proposta del Ministro della sanita', sentiti il Ministro dell'interno
e  il  Ministro  della  giustizia,  previo  parere  delle  competenti
Commissioni parlamentari, si provvede alla modifica  del  regolamento
di polizia mortuaria, approvato  con  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 10  settembre  1990,  n.  285,  sulla  base  dei  seguenti
principi: 
        a)  l'autorizzazione  alla  cremazione  spetta  all'ufficiale
dello stato civile del comune di decesso, che la  rilascia  acquisito
un certificato in  carta  libera  del  medico  necroscopo  dal  quale
risulti escluso il sospetto di morte dovuta a reato ovvero,  in  caso
di morte improvvisa o sospetta segnalata  all'autorita'  giudiziaria,
il nulla osta della stessa autorita' giudiziaria,  recante  specifica
indicazione che il cadavere puo' essere cremato; 
        b) l'autorizzazione alla cremazione e' concessa nel  rispetto
della volonta' espressa dal defunto o dai suoi  familiari  attraverso
una delle seguenti modalita': 
        1) la disposizione testamentaria del defunto, tranne nei casi
in cui i familiari presentino una dichiarazione autografa del defunto
contraria alla cremazione fatta in data  successiva  a  quella  della
disposizione testamentaria stessa; 
        2) l'iscrizione, certificata dal  rappresentante  legale,  ad
associazioni riconosciute che abbiano tra  i  propri  fini  statutari
quello della cremazione dei cadaveri dei propri associati, tranne nei
casi in cui i familiari presentino una  dichiarazione  autografa  del
defunto  fatta  in   data   successiva   a   quella   dell'iscrizione
all'associazione. L'iscrizione alle associazioni di cui  al  presente
numero vale anche contro il parere dei familiari; 
          3) in  mancanza  della  disposizione  testamentaria,  o  di
qualsiasi altra espressione di volonta'  da  parte  del  defunto,  la
volonta' del  coniuge  o,  in  difetto,  del  parente  piu'  prossimo
individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile
e, in caso di concorrenza di piu' parenti dello stesso  grado,  della
maggioranza assoluta di essi, manifestata all'ufficiale  dello  stato
civile del comune di decesso o di  residenza.  Nel  caso  in  cui  la
volonta' sia stata manifestata all'ufficiale dello stato  civile  del
comune di decesso, questi inoltra immediatamente il relativo processo
verbale  all'ufficiale  dello  stato  civile  del  comune  di  ultima
residenza del defunto; 
          4) la volonta' manifestata dai legali rappresentanti per  i
minori e per le persone interdette; 
        c) la dispersione delle ceneri e'  consentita,  nel  rispetto
della volonta' del defunto, unicamente in aree a  cio'  appositamente
destinate all'interno dei cimiteri o in natura o in aree private;  la
dispersione in  aree  private  deve  avvenire  all'aperto  e  con  il
consenso dei proprietari, e non puo' comunque dare luogo ad attivita'
aventi fini di lucro; la dispersione delle ceneri  e'  in  ogni  caso
vietata nei centri abitati,  come  definiti  dall'art.  3,  comma  1,
numero 8), del decreto legislativo 30  aprile  1992,  n.  285  (Nuovo
codice della strada); la dispersione in mare, nei laghi e  nei  fiumi
e' consentita nei tratti liberi da natanti e da manufatti; 
        d) la dispersione delle ceneri e' eseguita dal coniuge  o  da
altro familiare avente diritto, dall'esecutore  testamentario  o  dal
rappresentante legale  dell'associazione  di  cui  alla  lettera  b),
numero 2), cui il defunto risultava  iscritto  o,  in  mancanza,  dal
personale autorizzato dal comune; 
        e) fermo restando l'obbligo di sigillare l'urna, le modalita'
di conservazione delle ceneri devono consentire l'identificazione dei
dati anagrafici del definito  e  sono  disciplinate  prevedendo,  nel
rispetto della volonta' espressa dal  defunto,  alternativamente,  la
tumulazione, l'interramento o l'affidamento ai familiari; 
        f) il trasporto  delle  urne  contenenti  le  ceneri  non  e'
soggetto  alle  misure  precauzionali  igieniche  previste   per   il
trasporto  delle  salme,  salvo  diversa  indicazione  dell'autorita'
sanitaria; 
        g)  l'ufficiale  dello  stato  civile,  previo  assenso   dei
soggetti di cui alla lettera b),  numero  3),  o,  in  caso  di  loro
irreperibilita', dopo trenta  giorni  dalla  pubblicazione  nell'albo
pretorio del comune di uno specifico avviso, autorizza la  cremazione
delle salme inumate da almeno dieci anni e delle  salme  tumulate  da
almeno venti anni; 
        h) obbligo  per  il  medico  necroscopo  di  raccogliere  dal
cadavere, e conservare per un periodo minimo di dieci anni,  campioni
di liquidi biologici ed annessi cutanei, a prescindere dalla  pratica
funeraria prescelta, per eventuali indagini per causa di giustizia; 
        i)  predisposizione  di  sale  attigue   ai   crematori   per
consentire il rispetto dei riti di commemorazione del  defunto  e  un
dignitoso commiato». 
    Come si vede, la disciplina statale e' completa  ed  esaustiva  e
copre  ogni  aspetto  della  materia.  Non  c'e'  alcuno  spazio  per
l'esplicazione  di  una  potesta'  legislativa  regionale,  la  quale
peraltro - incomprensibilmente - richiama all'art. 26, secondo  comma
l'art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione, che attiene  alla
competenza esclusiva statale. 
    Poiche' in presenza di  materia  su  cui  lo  Stato  ha  potesta'
legislativa esclusiva la regione non puo' in alcun  modo  legiferare,
ne' in senso  confermativo  ne'  in  senso  differenziato,  tutto  il
complesso  delle  norme  qui   censurate   deve   essere   dichiarato
costituzionalmente illegittimo. 
    E' illegittimo l'art. 26 che  presenta  un  contenuto  tipico  da
legge dello Stato, dichiaratamente attenendosi alla  materia  di  cui
all'art. 117, comma 2, lettera m), della Costituzione, e  pretendendo
di rivolgersi a tutti i cittadini  «indipendentemente  dal  luogo  di
residenza, di decesso o di destinazione finale». 
    Sono illegittimi gli artt. 27 e  28  che  si  sovrappongono  alle
norme del codice civile in materia di  volonta'  testamentaria  e  di
atti di disposizione del proprio corpo, alle norme del regolamento di
polizia mortuaria e alle sue modifiche  apportate  con  la  legge  n.
130/2001. 
    In  piu'  l'art.  28,  comma  secondo,  recante  le  disposizioni
concernenti   la   dispersione    delle    ceneri,    non    richiama
l'autorizzazione dell'ufficiale dello stato civile, che  la  rilascia
sulla base di espressa volonta' del defunto. E cio' incide  pure  sul
piano penale, dato che l'art.  411  del  c.p.  nel  testo  introdotto
dall'art. 2 della legge n. 130 del 2001, prevede che «Non costituisce
reato  la  dispersione   delle   ceneri   di   cadavere   autorizzata
dall'ufficiale dello stato civile sulla base di espressa volonta' del
defunto. La dispersione delle ceneri non  autorizzata  dall'ufficiale
dello stato civile, o effettuata con  modalita'  diverse  rispetto  a
quanto indicato dal defunto, e' punita con la reclusione da due  mesi
a un anno e con la multa da € 2.582 a € 12.911». 
    A questo proposito, vero e' che la legge statale fa rinvio ad  un
regolamento e che questo regolamento non  e'  stato  ad  oggi  ancora
emanato, ma cio' non autorizza affatto  la  regione  ad  invadere  la
sfera di potesta' legislativa statale. 
    Ad ogni modo, il Consiglio di Stato ha chiarito - con parere reso
nell'Adunanza della Sezione prima del 29 ottobre 2003, n. 2957  -  la
piena efficacia e vincolativita' della legge statale anche in assenza
della fonte secondaria. 
    «(Omissis). 
    Si  premette  che  la  legge  30  marzo  2001,  n.  130,  recante
disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri, non
e' una legge delega, come tale inapplicabile in carenza di  esercizio
della  delega,  ma  una  legge  ordinaria,  diretta  ad  innovare  la
normativa vigente in  materia  di  cremazione  e  in  particolare  il
regolamento di polizia mortuaria approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285. E' bensi' vero che a tale
scopo la legge si affida alla emanazione di un successivo regolamento
per dare piena attuazione ai principi e alle regole dettate dall'art.
3 della stessa legge,  ma  non  e'  sostenibile  che,  decorso  ormai
ampiamente il termine stabilito di sei mesi dalla data di entrata  in
vigore, la mancata emanazione  del  regolamento  privi  la  legge  di
qualsiasi  efficacia,   specialmente   in   ordine   alla   normativa
preesistente di rango secondario. Le disposizioni legislative di mero
principio costituiscono comunque criterio interpretativo delle  norme
previgenti e quelle alle quali puo' riconoscersi efficacia precettiva
per compiutezza  di  disciplina  (self  executing)  devono  ritenersi
senz'altro applicabili.». 
    Peraltro la legge n. 130/2001 riserva  alle  regioni  compiti  di
programmazione e coordinamento per  la  costruzione  e  gestione  dei
crematori. L'art. 6 di  tale  legge,  riguardante  la  programmazione
regionale, la  costruzione  e  la  gestione  dei  crematori,  prevede
infatti che: «1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, le regioni elaborano piani regionali di coordinamento
per la realizzazione dei crematori da  parte  dei  comuni,  anche  in
associazione tra essi, tenendo  conto  della  popolazione  residente,
dell'indice  di  mortalita'  e  dei  dati  statistici  sulla   scelta
crematoria da parte dei cittadini  di  ciascun  territorio  comunale,
prevedendo, di norma, la realizzazione di almeno  un  crematorio  per
regione; 2. la gestione  dei  crematori  spetta  ai  comuni,  che  la
esercitano attraverso una delle  forme  previste  dall'art.  113  del
testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato
con decreto legislativo  18  agosto  2000,  n.  267;  3.  agli  oneri
connessi  alla  realizzazione  ed  alla  gestione  dei  crematori  si
provvede anche con i proventi derivanti dalle tariffe di cui all'art.
5, comma 2». 
8) Illegittimita' costituzionale degli articoli 18,  comma  6,  e  29
della legge regionale  n.  22/2018  per  violazione  dell'art.  25  e
dell'art. 117, comma 2, lettere l) della Costituzione. 
    Tutta la materia sanzionatoria disciplinata dalla legge regionale
(artt. 18 e 29) e' viziata da incostituzionalita'. 
    Infatti, l'illegittimita' costituzionale  che  inficia  le  norme
regionali indicate fa  si'  che  l'apparato  sanzionatorio  contenuto
nella legge in esame sia, di conseguenza, viziato da  «illegittimita'
costituzionale derivata» poiche'  afferente  a  precetti  dettati  in
difetto di competenza legislativa. Inoltre gli artt. 18 e 29 invadono
la materia dell'ordinamento penale, in violazione degli  artt.  25  e
117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. 
    In particolare: 
        l'art. 18, comma,  6,  che  detta  prescrizioni  in  tema  di
vigilanza sull'osservanza delle norme  recanti  la  disciplina  delle
attivita'  funebri   e   sull'esercizio   della   relativa   potesta'
sanzionatoria, prevede la pena della reclusione -  da  un  minimo  di
dodici mesi a un massimo di cinque anni - a fronte  della  violazione
dell'art. 12, comma 4 e 5, della legge in esame. 
    Come e' noto,  il  sistema  penale  si  fonda  sul  principio  di
legalita',  in  virtu'  del  quale  spetta  al   potere   legislativo
individuare i beni giuridici presidiati con la sanzione penale  e  le
condotte lesive di tali norme incriminatrici redatte  secondo  canoni
di specificita' e completezza. 
    L'art. 25, secondo comma, della  Costituzione  rimette,  infatti,
alla  legge  formale  la  definizione  sia  del  precetto   sia   del
trattamento sanzionatorio. Orbene, la riserva  di  legge  in  materia
penale deve essere intesa come riserva di legge statale, in  base  ad
un  principio  generale  che  trova  fondamento  nella  natura  delle
restrizioni  della  sfera  giuridica  inflitte  mediante   la   pena;
quest'ultima, invero, incide su beni fondamentali dell'individuo,  di
modo  che  la  criminalizzazione   di   determinate   condotte   deve
rispecchiare una  visione  generale  del  diritto,  che  puo'  essere
compiuto soltanto con la legge dello Stato (Corte  costituzionale  14
giugno 2004, n. 185). 
    La  «materia  penale»  prescinde  dal  riparto  di   attribuzioni
legislative tra Stato e Regioni, potendo riguardare qualsiasi settore
(anche riconducibile alla competenza regionale), dal momento che essa
non e' determinabile a  priori,  in  quanto  afferisce  al  compendio
valoriale cui viene accordata la piu' intensa  forma  di  tutela.  La
compressione delle competenze regionali in materia  penale  trova  la
sua ratio, come sopra detto,  nell'esigenza  di  salvaguardare  beni,
valori e interessi propri dell'intera collettivita'  tutelabili  solo
su  base  egalitaria,  esigenza  che  puo'  essere   garantita   solo
rimettendo allo Stato l'esercizio esclusivo della potesta' punitiva. 
    La legge regionale e', invero, inidonea ad assicurare la funzione
della pena, ovvero garantire il libero svolgimento della vita civile,
per la mancanza di una visione generale dei bisogni e delle  esigenze
dell'intera  societa'.  Il   legislatore   regionale   e',   infatti,
interprete degli interessi e delle istanze di tutela della  comunita'
territoriale di appartenenza, ragion per cui alle regioni e' precluso
il potere di innovare l'ordinamento penale attraverso  l'introduzione
di nuove pene e fattispecie criminose. 
    La norma censurata  si  pone,  pertanto,  in  contrasto  con  gli
articoli 117, secondo comma, lettera l), e 25, secondo  comma,  della
Costituzione, non assumendo rilevanza la specifica  materia  trattata
dalla  legge  regionale,  pur   rientrante   nella   competenza   del
legislatore regionale. 
    L'art. 29 prevede che «Salvo che il fatto costituisca  reato,  la
dispersione delle ceneri effettuata con modalita' diverse  da  quelle
consentite dall'art. 28 e'  punita  con  la  sanzione  amministrativa
pecuniaria da € 300 a € 3.000». 
    Tale norma regionale, che stabilisce la  sanzione  amministrativa
pecuniaria da irrogare qualora vi sia una  dispersione  delle  ceneri
non conforme a quella prevista dalla legge  regionale  in  esame,  si
sovrappone, indebitamente, alla previsione contenuta  nell'art.  411,
quarto comma (aggiunto dall'art. 2, legge 30 marzo 2001, n. 130), del
codice penale, secondo la quale  «La  dispersione  delle  ceneri  non
autorizzata dall'ufficiale  dello  stato  civile,  o  effettuata  con
modalita' diverse rispetto a quanto indicato dal defunto,  e'  punita
con la reclusione da due mesi a un anno e con la multa da € 2.582 a €
12.911». Essa invade, pertanto, per gli stessi motivi  descritti  con
riferimento all'art. 18, comma 6, la materia dell'ordinamento penale,
e viola l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.